Carlo era un ingegnere. Bravo, scrupoloso, razionale. Così razionale da pensare che ad ogni problema ci fosse una soluzione. E che nulla fosse impossibile.
Tuttavia, Carlo aveva un’inquietudine. Una forza misteriosa che lo trascinava con inaudita velocità oltre le rigide regole che la fisica può impartire. E una parte di lui, più o meno nascosta, dava libero sfogo a quell’aspetto. Mettendo a tacere, sempre più spesso, il suo raziocinio.
Sin da piccolo, i compagni lo guardavano come un marziano. Difficile in una Vienna dove (quasi) tutto era biondo, trovare qualcuno che, come lui, fosse così scuro e robusto. Carlo, con quei lineamenti forti e marcati, lo si vedeva pure con la neve alta. Anche quando lasciò l’Austria, rimase sempre un marziano: nonostante fosse un falso latino, gli restava sempre quel suo cognome così difficile da pronunciare. E tutti, non sapevano dove fare cadere l’accento. Immancabilmente, lo sbagliavano. Ma di aspetto e pronunce, Carlo poco s’interessava.
Amava piuttosto, cosa singolare per chi conosceva numeri e regole matematiche, l’astrologia: era quello, secondo lui, il viatico per poter giustificare e liberare quella benedetta inquietudine che, dolcemente, tormentava il suo raziocinio. Era sicuro di trovare, in quella chiave di volta, l’immensa, invisibile orbita siderale in cui sapere e sogni, avrebbero potuto congiungersi. E che, appunto nel suo segno zodiacale, lo scorpione, ci fosse la verità senza scienza che lo avrebbe portato a realizzare il desiderio più grande: andare in automobile così veloce da raggiungere il futuro. Si potrebbe pensare che lo scorpione, col suo veleno, non sia l’emblema della simpatia. O che l’oroscopo, sia pane per i creduloni. Ma, nella “coda” di Carlo non c’era veleno. Bensì un fluido magico per raggiungere le stelle. E, nello zodiaco, l’influsso: il faro durante la guida.
Già, perché per Carlo guidare era una fissa. Proprio come l’astrologia.
E mentre gli altri lo ritenevano folle, Carlo cominciò ad elaborare motori. Nel frattempo, l’influsso dello scorpione si abbatteva, benevolo, sull’ingegneria più avanzata: Carlo, faceva schizzare le auto oltre le barriere che, da sempre, aveva giurato di infrangere.
Se il merito fosse della razionalità dell’ingegnere o dello spirito del sognatore, nessuno lo ha mai saputo.
Una cosa è sicura: di Carlo oggi si parla sempre poco e sempre meno.
Di certo, i suoi motori hanno raggiunto il futuro. E lui, con loro.
Ma guarda caso, il suo segno astrologico, lo “scorpione”, è rimasto scolpito in modo indelebile nella storia dell’automobilismo, “come un marchio che resiste alla pomice”.
E nessuno più, sbaglia il suo cognome… “Abarth”.
S.S